Emendamento di FdI per consentire la caccia in aree protette e in città

La proposta prevede che tra le zone in cui si può procedere al controllo della fauna selvatica siano “comprese le aree protette e le aree urbane”, e che i piani di abbattimento non siano più attuati dalle guardie venatorie, ma direttamente “dai cacciatori” sotto il coordinamento delle polizie locali. Gli animali uccisi potranno essere destinati al consumo alimentare.

È questo infatti il contenuto di un emendamento alla manovra depositato in Commissione Bilancio alla Camera – il 78.015, compreso tra i duecento “segnalati” dalla maggioranza – che porta le firme di 14 deputati del partito di Giorgia Meloni, compreso il capogruppo Tommaso Foti.

L’emendamento infatti andrebbe a riscrivere l’articolo 19 della legge 157, che disciplina i metodi con cui le Regioni possono effettuare il contenimento della fauna selvatica (ad esempio per motivi sanitari) anche nelle zone vietate alla caccia. Al momento è previsto che “di norma” il controllo avvenga “mediante l’utilizzo di metodi ecologici“, come recinzioni, catture o altre modalità non cruente: solo se l’Ispra (l’ente pubblico per la protezione dell’ambiente) verifica “l’inefficacia dei predetti metodi”, le Regioni “possono autorizzare piani di abbattimento”, che però “devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali”. Cosa prevede invece l’emendamento di Fratelli d’Italia? Intanto elimina qualsiasi riferimento ai “metodi ecologici”: il controllo degli animali selvatici può essere portato avanti da subito in qualsiasi modo, anche cruento. E poi stabilisce che tra le “zone vietate alla caccia” in cui si può procedere al controllo sono “comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto“: un modo per garantire la possibilità di sparare in qualsiasi momento e in ogni periodo dell’anno, neutralizzando i limiti dettati dalla legge in aree tutelate. Per autorizzare i piani di abbattimento, poi, non serve più che l’Ispra “verifichi” l’inefficacia dei piani di controllo: Regioni e Province possono procedere in autonomia, basta “sentire” l’istituto. Soprattutto, le uccisioni non sarebbero più attuate dalle guardie venatorie, ma direttamente “dai cacciatori“, “previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti, e sotto il coordinamento delle “Polizie provinciali e/o regionali”. Dulcis in fundo, si prevede che “gli animali abbattuti durante le attività dei controlli sono sottoposti all’analisi igienico-sanitaria”, dopodiché “destinati al consumo alimentare“.

La norma che FdI vorrebbe approvare contiene poi un inciso particolare: le attività di contenimento, si legge, “non costituiscono attività venatoria“. Il motivo dell’aggiunta si capisce leggendo l’articolo 22 della legge quadro sulle aree protette: nei parchi e nelle riserve, si legge, “l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali (…) abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici”, che però devono avvenire “su iniziativa e sotto la sorveglianza degli enti di gestione” e “essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate”, “previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso ente”. Per abbattere animali in un’area protetta, dunque, bisogna osservare requisiti molto stringenti. Ma se gli abbattimenti non sono più “attività venatoria”, tutti quei paletti si possono saltare a pie’ pari: basta un piano approvato dalla Regione. 

Lascia un commento