Il recupero degli ungulati in Italia è l’eccezione alla regola?

Nella caccia di selezione al capriolo, al daino o al cervo può sempre capitare che il capo fugga ferito e debba essere cercato dal cane da traccia sulla pista di sangue. O almeno dovrebbe essere, perché evidentemente tanti cacciatori, contrariamente alle pretese etiche e a tutto ciò che gli è stato insegnato al corso di abilitazione, non fanno questo sforzo.
    Invece di marcare l’Anschuss, lo calpestano e cercano di seguire la traccia dove si presume che il capo sia passato e se non si trova nulla, si avvisa il tecnico faunistico del colpo errato e si tenta un’altra volta, un altro giorno.  
    Così non solo vengono uccisi più capi di quelli  previsti dal piano d’abbattimento, ma viene inoltre ignorato il benessere degli animali e il rispetto del capo ferito, dando l’occasione ai lupi di un pasto gratuito.
    In una piccola zona di circa 2 x 2 km in uno dei nostri distretti aperti alla caccia di selezione, fra il gennaio 2014 e il dicembre 2018 furono trovati 22 maschi e 5 femmine di capriolo morti a causa di ferita d’arma da fuoco e non recuperati dai cacciatori, alcune carcasse erano già state parzialmente mangiate.    In un’occasione, dalla posizione del tiratore (per coincidenza osservato da terzi), era stato possibile vedere che il capo ferito era crollato a distanza di soli 80 – 150 mt dall’Anschuss e sia il cacciatore, sia il cane da traccia, avrebbero potuto senza problemi recuperarlo con successo.
   E’ inamissibile che ciò non sia stato fatto, in questo caso non si trattava di un atto di  bracconaggio, ma un’azione di caccia regolare ed era un dovere da parte del cacciatore controllare il tiro.

In merito a ciò Gabriella Rubicondi, fondatrice del Gruppo Conduttori Cani da Traccia  provincia di Genova riferisce :
Da noi il recupero non è una cosa molto “sentita”, anche perchè, probabilmente, molti cacciatori si sentono troppo sicuri del loro operato e quindi allo sparo dove l’animale non resta fulminato ….è una fucilata sbagliata. Non vanno a controllare e a volte l’animale va via ferito oppure muore poco distante. Nella caccia al cinghiale è ancora peggio. Fino a qualche a qualche anno fa di animali ce n’erano in abbondanza per cui uno più uno meno non faceva la differenza. Alla battuta seguente, a volte, veniva trovata la carcassa a poca distanza dalla posta.“ Ecco perché Gabriella Rubicondi ed i suoi colleghi cercano da anni di promuovere, a Genova, una etica venatoria e la cultura del recupero.

   Ma comiciamo all’inizio: cosa si deve fare per poter diventare conduttore di una cane da sangue?

Gabriella Rubicondi„Per ottenere l’abilitazione, qui a Genova, si deve seguire un corso per aspirante Conduttore Cane da traccia. Il corso  viene distribuito in 4 giornate fra teoria e pratica sul campo ed un esame finale con quiz e prova orale. Il corso deve seguire un programma accettato dall’ISPRA. Se il corso viene superato viene rilasciato un attestato al Conduttore.
Per quanto riguarda il cane, anche lui deve superare una prova  di lavoro riconosciuta dall’ENCI e se viene giudicato con almeno il „Molto Buono“ è abilitato al recupero.  Ottenute le abilitazioni,  il binomio (conduttore e ausiliare) possono  iscriversi al Registro dei Conduttori abilitati della Città Metropolitana di Genova.“

Ammesso che qualcuno abbia la competenza, potrebbe addestrare il suo cane anche da solo ed utilizzarlo in caso di necessità, diciamo quando lui stesso va a caccia di selezione oppure quando un suo amico cacciatore chiede il suo aiuto? E’ permesso, in Italia, questo „impiego amatoriale“?

    Gabriella Rubicondi„Addestrare il cane da traccia non è semplice, ma si può fare, l’importante è avere  tempo e pazienza da dedicargli. Se poi si ha la fortuna di avere un amico che ci aiuta, ancora meglio. Comunque non sarebbe permesso portare un ausiliare  non ancora abilitato, ad effettuare una ricerca, in quanto andrebbe a compromettere il recupero dell’animale ferito/morto e potrebbe ostacolare il recupero da parte di un altro cane più esperto nel caso non venisse trovato con il primo.“

   Come sono andate le tue prime esperienze d’addestramento?

   Gabriella Rubicondi„Con Afra, il primo cane, che ho preso nel 1998, mi ha aiutato moltissimo l’allevatore , Amedeo Serraino,cacciatore e Giudice  Enci ,  che me l’ha ceduta. Abbiamo iniziato con tracce brevi a casa, poi sui 7-8 mesi ho iniziato una volta alla settimana ad andare a Cuneo, dove il suo allevatore, già conduttore esperto, mi preparava la traccia e così addestrava sia cane sia conduttrice.
Il tempo passava e ad  un anno di età Afra veniva abilitata con la prova di lavoro ed otteneva il Molto Buono. La conduttrice, alla sua prima prova ufficiale, sarebbe stata eliminata se non fosse stato per il cane che aveva risolto la traccia …questo a detta del Giudice Jotti che ci aveva giudicato.
Il cane, almeno per quanto mi riguarda, non ha mai lavorato sul naturale prima dell’abilitazione, solo addestramento. Durante le battute di caccia al cinghiale avrei potuto portare il cane in quanto l’eventuale recupero sarebbe stato fatto a fine battuta, e nella giornata stessa, ma non l’ho mai fatto sino a dopo l’abilitazione, un pò perchè non mi sentivo ancora sicura e poi perchè non sapevo come avrebbe reagito il cane dopo una traccia sul naturale a ritornare all’artificiale. A distanza di tempo e con un pò più di esperienza, sui cani giovani ho capito che problemi non ce ne sono se subito dopo il recupero sul naturale si portano su una traccia artificiale, anche se non troppo lunga.
Anche per quanto riguarda la caccia di selezione, ho portato il cane, ma mai per un recupero. Il capriolo  era già stato trovato a poca distanza e l’avevo messa sulla traccia per portarla sull’animale – solo un pò di allenamento.“

In Germania discutono da sempre sul fatto che le razze da ferma polivalenti, nel contesto di certe prove di lavoro, devono svolgere anche un recupero su pista di sangue.
I sostenitori di queste prove dicono che sia essenziale nella pratica venatoria che un Drahthaar o Kurzhaar sia capace di assistere il suo conduttore anche in questo campo, mentre i sostenitori dei cani specializzati reclamano questo ambito d’impiego per le tre razze ufficialmente riconosciute.
Senza dubbio ci sono occasioni in cui soltanto il cane specializzato e con ampia esperienza arrivi alla meta, ma è altrettanto vero che sulla pista di sangue facile che quasi certamente finisce sul capo morto, un cane polivalente  possa eseguire il recupero.
Esiste questo „conflitto di competenza“ anche in Italia? E tu personalmente cosa ne pensi?

    Gabriella Rubicondi„Io sostengo, come credo tutti i conduttori di cani da traccia, che il cane specializzato sia quello che deve effettuare il recupero. Personalmente ritengo che i cani adatti siano Annoveriani e Bavaresi, anche l’Alpenländische Dachsbracke come il Bassotto, ma essendo con gamba corta nei nostri boschi liguri, molto sporchi, sono penalizzati.“
 
     Il cane da traccia di razza specializzata ha un ambito di lavoro molto ben definito, esegue  il recupero dell’ungulato ferito e non è coinvolto nella caccia stessa. In un paese come la Germania, dove la caccia è aperta tutto l’anno (anche se ovviamente non per tutte le specie) un Annoveriano, Bavarese o Dachsbracke non deve soffrire di disoccupazione. Diversa la situazione in Italia dove la stagione venatoria  per il singolo cacciatore si limita a 55 giorni, e la caccia di selezione, al di fuori della stagione, porta solo pochi giorni aggiuntivi al selecontrollore. Quindi si pone la domanda: vale la pena acquistare e addestrare un cane specializzato che magari, alla fine, si può impiegare solo poche volte l’anno?

   Gabriella Rubicondi„In Italia le giornate venatorie sono molto meno che in Germania, ma manca nei cacciatori, soprattutto nelle squadre cinghiale, l’etica del recupero.  Ci sarebbero tante potenziali occasioni che però in realtà non vengono utilizzate. Sicuramente la proporzione tra tempo impiegato per l’addestramento e il numero dei  recuperi non   invoglia a formare il  cane da recupero.
Personalmente, credo di essere stata la seconda in ordine di tempo ad avere il cane da traccia a Genova e comunque  non mi sono mai pentita di averlo preso e addestrato, anche se l’utilizzo non è mai stato così intenso da ritenere giustificato il suo acquisto.
Sono animali unici sia per il carattere sia il modo di essere e lavorare e il mio motto è stato dal primo momento „chi non ha mai avuto un Annoveriano non sa cosa vuol dire avere un cane“. Ti prendono l’anima, fanno parte di te e noi di loro, non puoi più stare senza un compagno/a di questa razza e questo a prescindere dal suo utilizzo.“

Oggi, quanti sono i conduttori di cani da traccia?

    Gabriella Rubicondi„Non sono a conoscenza del numero effettivo dei conduttori con cani da traccia in Liguria, nè tantomeno in Italia,  ma è certo che a Genova  non siamo molti. Nella Provincia di Genova, saremo 10-12 in tutto, Conduttori senza cane molti di più, infatti in molti  hanno seguito il corso solo per curiosità personale.“ 
 
    I pochi conduttori qui a Pavia che conosco personalmente lamentano all’unisono la riluttanza dei cacciatori a chiedere la loro assistenza. Piuttosto che chiamare a far venire un cane da traccia, il tiratore fa finta di niente, il capo da lui ferito  muore miseramente da qualche parte e il selecontrollore ci riprova semplicemente un altro giorno con un altro animale. Secondo te la nostra zona è l’eccezione alla regola o si incontra questo atteggiamento anche altrove?

   Gabriella Rubicondi„Confermo quanto mi dici. Anche qui da noi sono certa che capiti questo perchè le chiamate per interventi su ferimenti o controllo dello sparo sono veramente poche, se poi parliamo di investimenti sulle strade, credo che la gente  non sappia neppure che esiste la possibilità di far intervenire qualcuno per la ricerca dell’animale ferito e spesso vengono trovati caprioli o daini morti nei boschi vicini alle strade, quando ovviamente non è arrivato prima il lupo.“

    Di nuovo posso parlare soltanto della mia zona, ma qui i controlli sono talmente scarsi che un selecontrollore (o un bracconiere) ha poco da temere. Sicché, se non c’è il rischio di punizione, come si potrebbe altrimenti convincere i cacciatori di cambiare?

    Gabriella Rubicondi„Io sono dell’idea che per quanto riguarda la selezione, ma anche per la caccia al cinghiale, dovrebbe esserci più rigore e più controllo da parte degli enti preposti ma soprattutto più etica da parte dei cacciatori. La caccia dovrebbe essere rispetto per l’ambiente e per la selvaggina che si caccia, ma purtroppo, forse perchè fino a ieri i cinghiali abbondavano, poco importava un cinghiale in più o uno in meno. Spesso veniva ritrovato alla battuta seguente morto un pò più distante da dove era stato sparato – il colpo non era stato controllato dal cacciatore.“

Come abbiamo già detto ci sono solo tre razze da sangue ufficialmente riconosciute. In Italia, quale delle tre è preferita dai conduttori? E, caso mai, quali altre razze vengono usate per il recupero?

   Gabriella Rubicondi„Qui da noi che lavorano ci sono Annoveriani, Bavaresi, Alpenländische Dachsbracke e Bassotti a pelo duro. Io personalmente preferisco, ma ovviamente sono di parte, gli Annoveriani, più metodici e tranquilli sulla traccia, ma non voglio togliere nessun merito alle altre razze. C’è anche chi si improvvisa conduttore con un segugio da cinghiale, ma il più delle volte non risolve nulla…“

    Ci sono le Regioni o Province particolarmente attive nella promozione e nell’utilizzo dei cani da recupero?

   Gabriella Rubicondi„So di per certo che le Regioni molto più attive con i recuperi sono la Toscana, l’Emilia Romagna, Veneto e Trentino Alto Adige, dove le Province stesse promuovono il recupero con il cane da traccia, cosa che in Liguria non è mai stato fatto.
    Ho fondato il „Gruppo Conduttori cani da traccia Genova“ per promuovere il cane da traccia, ma  quando abbiamo affisso volantini in tutta l’area dove si svolgeva la Festa del Cacciatore a Casella (Ge) per invitare i cacciatori ad un piccolo convegno sul cane da traccia sono venute 2-3 persone, cacciatori  di selezione, che già conoscevano il cane da traccia e se ne erano serviti in passato. Nessun altro è intervenuto. Questo rende l’idea dell’interesse per i  cani da traccia fra i cacciatori cinghialai e non a Genova. Spesso è capitato che quando vedono il mio cane mi chiedano „ma che incrocio è?“ dopo la mia  risposta „ah, perchè non ne ho mai visti“.“

 Gabriella Rubicondi„Statistiche non ne abbiamo, ma in base ai recuperi fatti, sicuramente sono caprioli e daini. Per quanto riguarda il cinghiale non chiama mai nessuno se non le due riserve con le quali collaboro.“

   Con l’eccezione forse delle zone alpine, il recupero degli ungulati non ha una lunga tradizione in Italia. Come si sta sviluppando, generalmente parlando, questo nuovo aspetto della caccia?

  Gabriella Rubicondi„Secondo il mio punto di vista l’interesse dei selecontrollori, ma non dei cinghialai, è in aumento perchè di selvaggina se ne vede meno rispetto al passato, colpa anche del lupo che, finalmente se ne rendono conto anche le istituzioni, è in notevole aumento nelle nostre zone, pertanto bisogna fare molte uscite e quindi recuperare il capo significa terminare il piano di abbattimento.“
 
   Tu che cani conduci e quanti recuperi fai nell’arco di un anno?

   Gabriella Rubicondi„Io dal 1998 ho sempre avuto Annoveriani, attualmente ho una femmina, Bea, della linea di sangue della mia prima femmina  Afra e un maschio.
Utilizzo prevalentemente la femmina, di 9 anni, direi brava sulla traccia e molto meticolosa.  Come già detto, recuperi non ne facciamo molti, potranno essere una decina nella stagione della caccia, ma collaboro con due riserve dove, quando capita il  ferimento,  mi chiamano.“

Puoi raccontarci di qualche recupero particolare per difficoltà o prestazione eccezionale del cane?

    Gabriella Rubicondi„Il recupero che più mi ha dato soddisfazione è stato fatto circa un anno fa in riserva nel basso Piemonte.
Sparato cinghiale, quasi a buio e tanta pioggia.
Il recupero è iniziato alla mattina verso le 8.30 dopo una notte intera di pioggia torrenziale. L’accompagnatore ci porta sul presunto anschuss rilevato la sera prima, quasi a buio e con la pioggia battente, dall’altana di fronte a circa 200 mt. in linea d’aria…“Sì, mi sembra che più o meno dovrebbe essere qui…“ dice.
Metto la lunga al cane, ma vedo  che Bea non mi da nessun segnale sulla zona indicata, ma vuole scendere e dopo un lungo cerchiaggio sembra aver preso la traccia per il verso giusto. Alle spalle l’accompagnatore mi sussurra „Sì, sì, è passato proprio di qua.“ Bene,    penso, si comincia la ricerca.
Siamo partiti solo da qualche minuto e siamo già bagnati fino alla cintura, Bea continua a seguire, si cammina in mezzo ad una palude per tutta l’acqua che è scesa nella notte e mi porta verso un bosco, sempre diritti poi verso un  ruscello, lo attraversa, prosegue per altri 100 metri e si ferma. Torna indietro ripassa il ruscello e – torna indietro rifacendo la stessa strada che avevamo percorso fino a quel momento e mi riporta sull’anschuss.
In cuor mio penso già che non si farà nulla, ma ho imparato che bisogna solo dargli fiducia, il naso lo hanno loro e non noi.
Riparte dal punto che aveva segnalato quando siamo partiti  e procede nella stessa direzione fino a poco prima del ruscello dove svolta a destra e sale per un trottoio invaso da tracce che salivano e scendevano. Torno a pensare che non ci riusciremo, quando Bea devia nuovamente verso il bosco e vedo che rizza il pelo e ringhia. Sgancio il cane, parte come una freccia e ad una cinquantina di metri, pur non vedendola, la sento abbaiare a fermo, ritorna da me ,mi vuole accompagnare dal cinghiale.
Arriviamo sull’animale, è più morto che vivo, ormai dissanguato dal colpo che gli aveva tranciato entrambe le zampe anteriori. La sofferenza è finita.  
Sono le 12.00 siamo bagnati fino all‘inverosimile, ma felici di aver portato a termine la nostra missione. Waidmannsheil!
Ho visto lavorare Bea come mai prima di allora, impegno e caparbietà sono state le doti   che mi hanno fatto pensare a quanto possono essere eccezionali i nostri cani.
Non sono abituata a esaltare le doti dei miei cani, ma questa volta, mi sono esaltata da sola… perdonatemi. Ho pensato che buon sangue non mente, in memoria della nonna Afra, il mio primo Annoveriano.”

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