Donne, che cosa aspettate? Venite a cacciare con me!

È una recente ossessione del mondo venatorio internazionale: la promozione al femminile, dove sono emerse un po’ ovunque fotogeniche testimonial che posano fieramente accanto ai loro bestiali trofei, rivisitando i rigidi codici delle immagini grip-and-grin. Un fenomeno che in rete sta scatenando non poche polemiche

di Benedetta Blancato

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Johanna Clermont

Sedute su un divano di velluto che Instagram definirebbe cosy, due amiche sorseggiano una tisana mentre discutono di “lavoretti” nella foresta. Al termine di due imbarazzanti minuti di equivoci a ripetizione, si capisce che stanno parlando della loro nuova passione: la caccia con l’arco. Il breve filmato si chiude sul logo della FNC, la federazione nazionale dei cacciatori francesi, accompagnato dallo slogan della campagna 2020: «Diventare cacciatore: e perché non proprio tu?».

La promozione al femminile è una recente ossessione del mondo venatorio internazionale, dove sono emerse un po’ ovunque fotogeniche testimonial che posano fieramente accanto ai loro bestiali trofei, rivisitando i rigidi codici delle immagini grip-and-grin.

In Francia, la biondissima Johanna Clermont, 23 anni, incarna la tendenza. Forte dei suoi 220mila “fedeli”, questa Chiara Ferragni della caccia è diventata il volto del produttore di armi Browning, nonché portavoce non ufficiale della lobby dei cacciatori durante accesi dibattiti televisivi. Con modalità simili, numerose altre giovani appassionate come Eva Shockey, Nikki Boxler e Melissa Bachman hanno contribuito a niettare una buona dose di glamour in un settore polveroso e tradizionalista.

La sovraesposizione mediatica, nata con l’obiettivo di riconciliare l’opinione pubblica con una pratica sportiva spesso considerata barbarica, ha portato con sé una conseguenza imprevista: l’aumento di donne con il fucile. In un contesto di netta decrescita (negli Stati Uniti, dal 2011 si sono “persi” 2,2 milioni di cacciatori; in Italia, dove nel 1983 le licenze di caccia si attestavano intorno ai 2 milioni, nel 2016 non hanno raggiunto le 600mila), la caccia al femminile sta letteralmente esplodendo.

In Québec, le cacciatrici costituiscono ormai un terzo del contingente armato, e più della metà in Svizzera. Numerose associazioni, concorsi e programmi di iniziazione al femminile accompagnano la tendenza, come il “BOW – Becoming an Outdoor Woman”, promosso dal Dipartimento per la conservazione ambientale dello Stato di New York, che nel 2018 ha armato ben 53mila nuove fedeli cacciatrici, e i negozi specializzati si riempiono di linee di abbigliamento dedicate, come High Heel Huntress (ovvero, “Cacciatrici con tacchi a spillo”), lanciata dalla superstar Kathryn Brown.

Le specificità di genere non rispecchiano, però, differenze di fondo: come i loro colleghi uomini, anche le moderne amazzoni preferiscono la caccia grossa, come rivelato da un recente sondaggio della francese Ancf – Association nationale de la chasse au féminin. Sotto fard e mascara, si nasconde il desiderio di un’emancipazione virile. Ignorate o apertamente osteggiate dalle femministe, sensibili alla causa animalista, le cacciatrici rimangono anomalie libere, inclassificabili.

Per la sociologa americana Mary Zeiss Stange, appropriarsi dell’attitudine all’aggressione sarebbe una delle più importanti rivoluzioni femminili degli ultimi cinquant’anni; ma per il momento, sono le polemiche a infiammare la Rete, dove un esercito di ragazze sorridenti condivide orgogliosamente prede abbattute e minacce di morte.

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